Il Blog del Circolo del PD "Renzo Bonazzi"


Il mondo del lavoro da riscoprire (2). “Per una governance d’impresa partecipata dai lavoratori”. La proposta legislativa della Cisl e il dibattito che ha sollevato.

 

 


Il 14 maggio scorso, con l'approvazione anche in Senato del Ddl sulla partecipazione dei lavoratori alla gestione, al capitale e agli utili delle imprese, è diventata legge la proposta normativa promossa dalla Cisl. Il Pd al Senato, come precedentemente alla Camera, si è astenuto; i 5 Stelle e Avs contrari, mentre la maggioranza ha votato a favore, come Italia Viva e Azione.

È stato il XIX congresso confederale della Cisl, tenutosi nel luglio 2022, a dare il via all'iniziativa. Il 20 aprile 2023, l'allora segretario generale Gigi Sbarra, insieme alla segreteria confederale, dopo diversi mesi di lavoro, ha depositato presso la Corte di Cassazione la proposta di legge di iniziativa popolare alla quale, per legge, occorrevano almeno 50.000 firme certificate per la trasmissione al Parlamento.

Il 27 novembre 2023 il sindacato ha consegnato alla Camera dei Deputati la proposta di legge sostenuta da quasi 400.000 firme.



“Partecipazione al Lavoro. Per una governance d’impresa partecipata dai lavoratori”

Una proposta che nasce dall'articolo 46 della Costituzione, che riconosce ai lavoratori il diritto di partecipare alla gestione aziendale.

Nella relazione introduttiva alla proposta di legge sulla “Partecipazione al Lavoro. Per una governance d’impresa partecipata dai lavoratori” il sindacato scrive: «La democrazia economica può e deve essere uno strumento di coinvolgimento diretto dei cittadini nella vita del Paese attraverso il quale i cittadini e le cittadine possano, sempre richiamando il dettato costituzionale, svolgere pienamente la propria personalità».

Il testo è interessante non solo perché dà un inquadramento generale dei suoi scopi e delle diverse norme che nel corso degli anni sono state approvate dal Parlamento, ma anche perché elenca le esperienze diffuse della partecipazione nella realtà del sistema imprenditoriale italiano. «Una nuova cornice legislativa le può quindi ulteriormente valorizzare» scrivevano Raffaele Lungarella e Francesco Vella nell'articolo Imprese partecipate dai lavoratori: una nuova proposta pubblicato sulla “voceinfo.it” il 30 maggio 2023.

«Il filo conduttore – proseguono Lungarella, laureato in scienze statistiche ed economiche, e Vella, docente di Diritto commerciale e bancario all’Università di Bologna – è quello della partecipazione dei lavoratori agli organi di governo delle imprese e dei piani finanziari per l’acquisizione di titoli rappresentativi del loro capitale. Innanzitutto, si prevede (articolo 3) che nelle società per azioni amministrate con il sistema dualistico [un modello di governance aziendale che mira a separare le funzioni di gestione e controllo, in particolare, nelle società per azioni. Prevede due organi: il Consiglio di gestione, responsabile della gestione operativa dell'azienda, e il Consiglio di sorveglianza, incaricato del controllo e della nomina del Consiglio di Gestione, NdR] – almeno un quinto dei componenti del consiglio di sorveglianza debba essere costituito da rappresentanti dei lavoratori; invece, in quelle governate dal sistema tradizionale nel consiglio di amministrazione ci dovrà essere almeno un rappresentante degli “gli interessi dei lavoratori dipendenti”».

Di seguito una rapida carrellata dei suoi contenuti principali, che, come vedremo in sede di discussione parlamentare diversi di essi saranno o cassati o modificati.

Il testo della Cisl proponeva:

– di regolare la partecipazione finanziaria dei lavoratori in materia di distribuzione degli utili;

– di introdurre la partecipazione dei lavoratori, su base volontaria, a strumenti finanziari (Sfp) e il voting trust (o patto di sindacato di voto), un accordo di affidamento fiduciario per la gestione collettiva dei diritti derivanti dalla partecipazione finanziaria. È uno strumento giuridico con il quale i soci di una società trasferiscono le proprie azioni (o quote) a uno o più trustee (fiduciari) i quali esercitano il diritto di voto nelle assemblee, creando un blocco di voto unitario e stabile;

– di regolare la partecipazione organizzativa con un meccanismo premiale per le imprese che coinvolgono i lavoratori in progetti innovativi e per gli stessi lavoratori che si impegnino a fornire contributi per l’innovazione o l’efficientamento dei processi produttivi;

– di estendere la partecipazione consultiva anche alle pubbliche amministrazioni, nonché obbligarla negli istituti bancari e nelle aziende che forniscono servizi pubblici essenziali;

– di prevedere una clausola di salvaguardia delle disposizioni più favorevoli previste nei contratti collettivi nazionali in materia di consultazione.

– di disciplinare gli incentivi e gli sgravi fiscali per le imprese che attuino piani di partecipazione e piani di consultazione attraverso la formazione degli organismi paritetici.

Il testo prevedeva, poi, una Commissione nazionale permanente per la partecipazione dei lavoratori con funzioni interpretative e di indirizzo sull’attuazione della partecipazione dei lavoratori alle aziende e l'istituzione, presso il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, il Garante nazionale della sostenibilità, un nuovo organo di controllo della sostenibilità delle imprese.




L'iter parlamentare

Camera dei Deputati

La Cgil il 1° febbraio 2024 ha presentato alle Commissioni riunite “Finanze e Lavoro” della Camera dei Deputati, in occasione dell’audizione informale in merito alle proposte di legge sulla “Partecipazione dei lavoratori al capitale, alla gestione e ai risultati dell'impresa”, le proprie osservazioni sul testo della Cisl e sulla decisione del Governo di agire sulla contrattazione collettiva, attraverso il meccanismo della legge delega.

«Un’azione di sostegno alla contrattazione e alle relazioni industriali – si legge nel documento della Cgil – anche per quanto attiene il tema della partecipazione, è in relazione diretta con la necessità di una legge sulla rappresentanza, rappresentatività delle organizzazioni sindacali e datoriali, e sulla democrazia sindacale, con il voto delle lavoratrici e dei lavoratori per l’approvazione dei contratti nazionali di lavoro, con efficacia erga omnes. È in questo quadro che occorre collocare la discussione su ipotesi d’intervento sulla partecipazione».

Il Governo optando per la scelta sopra citata avrebbe introdotto il «criterio del contratto maggiormente applicato in luogo del vincolo alla rappresentanza dei soggetti che lo sottoscrivono» con la prospettiva di interventi «sulla contrattazione “adattiva”», ossia un approccio alla contrattazione collettiva che vorrebbe rispondere alle specifiche esigenze di un determinato territorio o azienda, spesso integrando o derogando, in alcuni casi, il contratto collettivo nazionale. Un tipo di contrattazione che secondo la Cgil destruttura il «contratto nazionale e la contrattazione di secondo livello che assume funzione deregolatoria. Questo è il contesto nel quale si inserisce la discussione sulle proposte di legge in esame (corsivo mio)».

Nello stesso testo, il sindacato guidato da Maurizio Landini, ricorda che la proposta di legge d’iniziativa popolare denominata “Carta dei diritti universali del lavoro” presentata dalla Cgil, con l’obiettivo anche «di dare attuazione agli articoli 36, 39 e 46 della Costituzione» non è mai stata discussa. «La proposta di iniziativa popolare, che raccolse oltre 1.150.000 di firme, fu depositata in Parlamento il 29 settembre giugno 2016 (AC .4064), assegnata alla Commissione Lavoro della Camera il 29 ottobre 2016 e riassegnata con numero AC. 11 il 26 giugno 2018. Nel corso dell’attuale legislatura, la Carta dei diritti universali del Lavoro è stata ripresentata in Senato con Atto Senato 677 il 26 aprile 2023».

Sul sito della Cgil di Modena si legge l'appello, datato 17 maggio 2019, perché «venga approvata la proposta della Cgil, supportata da milioni di firme ed ancora depositata in Parlamento, di una Carta dei Diritti Universali del Lavoro che prevede uguali diritti indipendentemente dalle forme contrattuali e metta al centro la persona, che elimini le discriminazioni di reddito, di diritti e di tutele che ancora esistono nel mondo del lavoro», il cui articolo 39 recita: «Diritti di informazione, di consultazione e di contrattazione dei rappresentanti dei lavoratori finalizzati al controllo delle decisioni delle imprese e alla partecipazione alla loro assunzione, e partecipazione dei lavoratori ai risultati delle imprese [corsivo mio]». 

Con l'interrogativo, forse retorico, «come mai?» questa “dimenticanza” (che parte dal 2016, però) e di come mai i sindacati procedano per strade parallele, torniamo alla proposta di legge della Cisl che, nel gennaio 2025, ottiene il via libera dalle commissioni Lavoro e Finanze della Camera.

Con tagli e modifiche al testo presentato. È saltata – si legge nell'articolo Lavoratori nei Cda, primo ok alla Camera..., pubblicato dal “Sole 24ore online” del 23 gennaio 2025 – la «partecipazione dei lavoratori in banche e istituti di credito. E per quest’anno i dividendi corrisposti ai lavoratori e derivanti dalle azioni attribuite in sostituzione di premi di risultato fino a 1.500 euro annui sono esenti dalle imposte sui redditi per il 50% del loro ammontare». Inoltre non c'è «più obbligo per le società a partecipazione pubblica di integrare i consigli con almeno un rappresentante dei lavoratori». Ossia sono escluse le banche e gli istituti di credito dalla possibilità di includere lavoratori nei consigli di amministrazione, limitando la partecipazione dei lavoratori alla gestione e alla proprietà delle aziende.

Un altro emendamento, sempre della maggioranza, ha modificato l’articolo 3: «Nelle imprese dove lo statuto prevede che l’amministrazione e il controllo siano esercitati da un consiglio di gestione e un consiglio di sorveglianza, in base al sistema dualistico, si stabilisce che gli statuti possano prevedere, qualora disciplinata dai contratti collettivi, la partecipazione di uno o più rappresentanti dei lavoratori dipendenti nel consiglio di sorveglianza», venendo meno quanto stabilito dalla versione originale dell’articolo 3 che «faceva riferimento ai soli contratti collettivi con una formulazione che faceva pensare ad una sorta di automatismo per la rappresentanza dei dipendenti nel consiglio di sorveglianza».

Le commissioni hanno approvato, con voto contrario delle opposizioni, secondo le quali le modifiche parlamentari avrebbero stravolto la proposta originaria della Cisl.

Confindustria ha approvato, per limitarci ad alcuni passaggi della sua posizione, l'emendamento che mantiene la «natura volontaria e facoltativa della scelta imprenditoriale di adottare eventuali modelli partecipativi duali. È fondamentale salvaguardare la volontarietà di adesione da parte delle imprese ed eliminare i riferimenti ad un automatismo contrattuale». e «che la strada da seguire sia quella secondo cui i contratti collettivi possano disciplinare le modalità dell’eventuale partecipazione dei rappresentanti dei lavoratori dipendenti».

Il Pd – scrive “il manifesto” online del 24 gennaio scorso, «dopo una sofferta discussione ha deciso per l’astensione anche per cortesia verso la Cisl. “Una astensione critica”, ha detto Cecilia Guerra “perché la proposta Cisl è stata amputata e ora l’impresa è dominus assoluto nel concedere ai lavoratori qualche ruolo”. Il Pd ha deciso per l’astensione dopo che la maggioranza ha accolto alcuni emendamenti delle opposizioni che prevedono l’abolizione di quei passaggi della legge che – prosegue Guerra – “avrebbero favorito sindacati non rappresentativi che, molto spesso, agiscono come 'sindacati pirata', facendo concorrenza sleale ai sindacati realmente rappresentativi su salari e tutele».

Senato

Il 25 marzo scorso la Cgil ha presentato, in occasione dell’Audizione sul disegno di legge n. 1407 (partecipazione lavoratori utili imprese), un'altra memoria davanti alla commissione Affari sociali, sanità lavoro pubblico e privato, previdenza sociale del Senato della Repubblica.

«Nel disegno di legge di delega al Governo – secondo la Cgil – sono presenti elementi non neutri e distorsivi sia per la dimensione contrattuale che sul tema della rappresentanza e della rappresentatività dei soggetti negoziali. Il riferimento al criterio della maggiore applicazione per la scelta del contratto collettivo di riferimento in luogo del criterio legato alla rappresentatività delle organizzazioni stipulanti è un evidente segno di distorsione, che sposta sulla scelta legata all’applicazione del contratto e quindi sulle aziende la selezione dei soggetti negoziali. Inoltre, secondo la Cgil «a proposta di legge non chiarirebbe: «in modo netto e chiaro come si bilanceranno i poteri tra lavoratori, soggetti della rappresentanza diretta, organizzazioni sindacali e datori di lavoro nelle decisioni aziendali di carattere strategico. Il rischio che ne consegue è che la partecipazione si riduca a un coinvolgimento di natura “partenariale” senza un reale potere decisionale in capo alle lavoratrici e ai lavoratori».

Il passaggio in Senato non ha cambiato il testo approvato alla Camera.



È legge

Daniela Fumarola, segretaria nazionale della Cisl, all'indomani dell'approvazione della legge, dichiarava al “Giornale” del 15 maggio 2025: «Si è scritta una pagina storica per il mondo del lavoro Ringraziamo tutte le forze politiche che l'hanno sostenuta... Per la prima volta il legislatore riconosce la partecipazione non come opzione astratta, ma come motore concreto capace di rilanciare retribuzioni, produttività, benessere lavorativo, formazione permanente, condivisione degli utili...».

Armando Tursi, professore ordinario di diritto del lavoro presso l’Università degli Studi di Milano, sul sito di Ipsoa, scrive:

«Se si misura la rilevanza sociale di una legge così ambiziosa col metro dell’efficacia giuridica, sembra che essa sia pressoché priva di effetti giuridici: basti osservare come il verbo più ricorrente per descrivere l’empowerment dei soggetti coinvolti nella partecipazione (i lavoratori o i loro rappresentanti) è “potere” (“gli statuti possono prevedere”, “possono essere previsti piani di partecipazione finanziaria dei lavoratori”, “le aziende possono prevedere nel proprio organico”, “ i rappresentanti dei lavoratori possono essere consultati“, “le aziende possono dare avvio alla definizione congiunta”, ecc.). ... Il legislatore sembra ignorare che il verbo del diritto oggettivo è dovere, cui corrisponde un diritto di pretendere: in mancanza di ciò, non vi è diritto, ma libertà, già garantita dalla legge. Come accade nei “rinvii impropri” della legge ai contratti collettivi».

Raffaele Lungarella e Francesco Vella, tornano sulla questione dopo l'approvazione della legge, rilevando che: «Sicuramente il testo legislativo meriterà in futuro ulteriori approfondimenti per la valutazione di altri importanti aspetti, come ad esempio la nuova disciplina della partecipazione organizzativa e consultiva, ma è innegabile che l’assunzione della proposta della Cisl come base di partenza del confronto parlamentare, lasciava presagire una apertura a reali e incisive forme di partecipazione collettiva dei lavoratori ai risultati e alla gestione delle imprese, con la possibilità di promuovere nuove politiche di diffusione della democrazia economica. L’esito è, invece, un arretramento rispetto a quella proposta ed è difficile scrollarsi di dosso l’amara sensazione del “tanto rumore per nulla”, o quasi» (Partecipazione dei lavoratori nelle imprese: tanto rumore per nulla?, “lavoce.info.)

Se questi sono pareri “tecnici” interlocutori, abbiamo visto la posizione contrarie della Cgil e della Uil. «Una legge contro la contrattazione collettiva, perché mortifica il ruolo delle lavoratrici e dei lavoratori, riducendoli a puri spettatori delle decisioni dell’impresa», afferma Landini, mentre Bombardieri, segretario nazionale della Uil,  parla di una “scatola vuota”. «La politica ha preso a pretesto questa norma per picconare il sistema delle relazioni industriali». Posizione ribadita dalla segretaria confederale della Uil, Vera Buonomo: «La partecipazione non può prescindere dalla contrattazione collettiva e le azioni in sostituzione del salario sono una deriva pericolosa. Esprimiamo, quindi, forti perplessità per un modello di partecipazione con un meccanismo di ”coinvolgimento patrimoniale“ che introduce una premialità di tipo individuale, legata alla fedeltà aziendale, e non un diritto collettivo frutto di una negoziazione».

Quindi?

Per capire, forse, meglio la distanza politica e culturale che separa oggi la Cisl da Cgil e Uil, sono le parole di Fumaroli, rilasciate nell'intervista sopra ricordata: «Ed è un fatto straordinario che l'approvazione di questa legge arrivi in concomitanza con l'elezione di Leone XIV che sull'esigenza di una nuova Rerum Novarum, l'enciclica fondamentale della dottrina sociale della Chiesa, ha impostato il suo pontificato».

Da una parte, detto un po' all'ingrosso, il conflitto come leva principale per le conquiste sociali, dall'altra una visione delle relazioni industriali basate sul solidarismo cristiano propenso più alla collaborazione che al conflitto di classe, il filo conduttore dell'enciclica Rerum Novarum di Leone XIII (1892).

Politicamente, tuttavia, dal punto di vista del Pd, è significativo quanto ha affermato Graziano Delrio: «È stato un errore, per quanto la destra lo abbia strumentalizzato, non abbracciare la proposta di legge di iniziativa popolare promossa dal sindacato. Perché immagino che la nostra posizione sia stata vissuta dalla Cisl, dai vertici del sindacato, come un atto ostile. Un errore” (Simone Canettieri, I grissini di Delrio, Il Foglio quotidiano 19 giu 2025).

fine


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