Il Blog del Circolo del PD "Renzo Bonazzi"


I referendum sulla giustizia uno per uno


di Maria Carmen Costabile e Celestina Tinelli.

Si è da poco concluso l’iter, avviato da un duo certamente singolare (Lega e Radicali), con il giudizio espresso dalla Corte Costituzionale sulle otto proposte referendarie depositate dal Comitato promotore. 
Sul tema giustizia, sono cinque su sei i referendum, cui la Corte Costituzionale ha dato via libera, bocciando solo quello sulla responsabilità civile e diretta dei giudici. 
Che non si riesca a raggiungere il quorum della metà più uno è un timore fondato e un rischio concreto. Vuoi perché la disaffezione al voto è diventata un fenomeno vistoso, vuoi perché il referendum abrogativo non è lo strumento più idoneo quando il contesto normativo su cui incide è così complesso ed articolato; il quesito diventa lungo, complicato e talvolta poco comprensibile.*
Ma soprattutto, la demotivazione dell’elettore potrebbe dipendere dal fatto che i quesiti ammessi sulla giustizia appassionano molto gli addetti ai lavori e molto meno la generalità dei cittadini. È opinione diffusa che fossero gli altri e cioè proprio quelli bocciati dalla Consulta i quesiti che toccavano le corde della sensibilità popolare.
Ma guardiamo un po’ più da vicino le proposte, tentando, per quanto possibile una semplificazione che renda più consapevole l’approccio all’appuntamento elettorale. Se ci sarà, perché potrebbe comunque sopraggiungere un intervento del Parlamento, andrà comunque affrontato.
E bisognerà farlo senza pregiudizi e senza adottare i toni da crociata contro la Magistratura, utilizzati da una certa parte politica.

1) Legge Severino
Questo quesito è diretto a cancellare un intero Decreto Legislativo e precisamente il T.U. n. 235/2012; il provvedimento, molto rigoroso si innesta nel filone delle norme anticorruzione e venne adottato in epoca in cui pratiche e fenomeni corruttivi affliggevano il paese in misura intollerabile. Il Testo Unico stabilisce la incandidabilità, ineleggibilità e decadenza per parlamentari, rappresentanti del Governo ed amministratori locali, in caso di condanna per delitti non colposi. L’elemento caratterizzante è che tali effetti, disposti dalla norma operano automaticamente. 
Ulteriore, rilevante aspetto è rappresentato dalla retroattività della norma, nel senso che la sospensione dalla carica opera anche se l’eletto sia stato nominato in data antecedente alla condanna e pertanto in modo regolare e potrebbe bastare anche una condanna in primo grado non definitiva. In sede di applicazione delle norme del decreto, l’automatismo e la retroattività hanno generato inconvenienti e rilevanti problematiche per i pubblici amministratori, che in più occasioni hanno evidenziato queste criticità e la necessità di un intervento di modifica. 
In caso di esito favorevole del referendum, il Decreto risulterebbe interamente abrogato, con la conseguenza che tornerebbe al giudice la facoltà di disporre, volta per volta l’interdizione dai pubblici uffici. 



2) Custodia cautelare - Carcerazione preventiva. È stato ritenuto ammissibile dalla Corte Costituzionale anche il quesito del Comitato promotore, diretto a restringere la possibilità di utilizzare la custodia cautelare in carcere. In particolare, si sollecita l’abrogazione dell’art. 274 co. 1 lett. c) c.p.p., con riferimento alla parte in cui consente di portare in carcere una persona in attesa di giudizio, nel caso in cui sussista il rischio che compia “delitti della stessa specie” di quello per cui è indagato. La ratio della proposta referendaria risiede evidentemente nel convincimento che di tale misura coercitiva preventiva nella pratica si è spesso abusato ed in particolare se disposta utilizzando il punto di cui si chiede l’abrogazione (legato essenzialmente ad un giudizio prognostico, cioè puramente di tipo predittivo). 
L'obiettivo dei promotori del referendum è limitare la carcerazione preventiva per evitare che possa colpire persone che poi risultino innocenti. Si tenga conto del fatto che nel caso la custodia preventiva (che sia in carcere o agli arresti domiciliari) colpisca persone poi assolte, queste ultime potranno richiedere, oltre al rimborso delle spese legali sostenute per la difesa, anche l’indennizzo per la “ingiusta detenzione” che complessivamente grava sullo Stato per circa in media 30 milioni di euro l’anno, pur essendoci un limite massimo previsto dalla legge per contenerne i costi, relativamente ad oltre 1.000 innocenti in custodia cautelare ogni anno.



3) Separazione delle carriere dei magistrati
E’ meglio parlare, come avverte il neo presidente Amato, di separazione delle funzioni, giudicante e requirente, perché la carriera (accesso, avanzamenti, ecc.) resta unica. Il principio è semplice: chi diventa magistrato deve scegliere se fare il giudice o il PM e, successivamente, gli è inibito qualunque cambio. Nel contesto attuale sono possibili quattro cambi, che nella Riforma Cartabia si riducono a due. Chi sostiene la separazione è convinto che il meccanismo serva a tutelare e a garantire la terzietà e l’imparzialità del giudice, nel pieno rispetto del dettato costituzionale. 



4) Equa valutazione dei magistrati – Consigli giudiziari
Il Consiglio Superiore, che è l’organo di autogoverno della Magistratura, deve valutare professionalità e competenze dei magistrati ed il controllo viene effettuato con cadenza quadriennale. Nell’esercizio di questa funzione, il C.S.M. si avvale del supporto dei Consigli giudiziari, con potere consultivo, istituiti a tale scopo, uno in ciascuna Corte di appello. Questi Consigli sono formati da giudici togati per due terzi e da membri laici per un terzo (avvocati e professori universitari) che, allo stato, sono esclusi dalle discussioni e dalle deliberazioni inerenti la valutazione della professionalità e progressione in carriera dei magistrati. 
L’esito favorevole rimuoverebbe questo limite, coinvolgendo con potere di voto anche i membri laici, attenuando il condizionamento interno delle correnti e assecondando il principio per cui i magistrati non devono essere controllati solo ed esclusivamente da altri magistrati. In altri termini, il procedimento non deve essere esclusivamente interno perché ciò creerebbe una sovrapposizione fra controllore e controllato. 



5) Riforma del CSM - Correnti
La disposizione che si intende cassare è quella che obbliga chi aspira ad accedere al C.S.M. a corredare la propria candidatura con un certo numero di sostenitori: occorrono per l’aspirante consigliere da 25 a 50 firme di giudici togati. È evidente che l’abrogazione di questa disposizione miri a creare un antidoto al sistema delle “correnti”, la cui presenza, datata e radicata, all’interno dell’Ordine giudiziario è emersa in una serie di recenti vicende che hanno coinvolto politici e magistrati, che rivestivano spesso ruoli apicali creando un malsano e spregiudicato legame fra politica e magistratura. 



* Se volete leggere i quesiti integrali (senza spaventarvi) andate pure qui.
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