Il Blog del Circolo del PD "Renzo Bonazzi"


Voglio bene al PD, quindi? /1 Primi appunti sui risultati delle elezioni


Iniziamo il dibattito con questo contributo

La vittoria della coalizione di centro-destra è netta, inequivocabile. E in essa il successo clamoroso di Fratelli d’Italia e della sua leader Giorgia Meloni.

Pertanto, come sottolineato anche dalla stampa estera, in Italia si avrà, per la prima volta dalla fine della seconda guerra mondiale e dalla nascita della Repubblica nata dalla lotta al nazifascismo un governo nettamente di destra, i cui leader hanno radici nel vecchio partito MSI che nel simbolo della fiamma rimembrava nostalgie per il passato regime fascista. E questo accade a poche settimane dal centenario della marcia su Roma delle camice nere di Mussolini.

Dunque l’Italia corre il pericolo di precipitare verso un regime fascista? Non è certamente questo il pericolo. Ma a governare l’Italia saranno forze politiche che hanno finora manifestato incertezze e dubbi sulle responsabilità che ricadono sull’Italia in quanto paese appartenente alla NATO e soprattutto non nascondono orientamenti euroscettici, pulsioni sovraniste e nazionaliste, legami in Europa con governi e forze di destra conservatrici o reazionarie, sostanzialmente illiberali, avverse ai diritti civili delle persone, guidate da una visione conservatrice “DIO, PATRIA, FAMIGLIA”. In tale coalizione conservatrice il leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi, si erge a garante della fedeltà all’Unione Europea e ai principi dello stato di diritto su cui essa si fonda, rivendicando la possibilità di usare una presunta golden share che ritiene di possedere per evitare qualsiasi sbandamento illiberale.  Mentre nella seconda forza della coalizione, la Lega, fortemente sconfitta e ridimensionata, si va aprendo una crisi dagli esiti imprevedibili per la leadership di Salvini.

Ma è meglio soffermarsi sui numeri prima di procedere a considerazioni politiche.

Sia alla Camera dei Deputati che al Senato la coalizione di destra dispone di una solida maggioranza: 235 Deputati su 400 e 115 Senatori su 200. Maggioranze solide che tuttavia non consentiranno alla destra di procedere a revisioni della Costituzione (obiettivo dichiarato primario per Meloni) sottraendosi al giudizio popolare di eventuali referendum.

Va sottolineato che in entrambi i rami del Parlamento la maggioranza della destra è dovuta alla conquista di gran parte dei collegi uninominali maggioritari a turno unico: 121 alla Camera; 59 al Senato. Nei collegi proporzionali la destra ne conquista complessivamente 114 alla Camera (69 FdI; 23 Lega; 22 FI) e 56 al Senato (34 a FdI; 13 a Lega; 9 a FI). È un dato politico su cui riflettere.

Continuo nell’esame dei numeri. Mi limito ora ai dati della Camera dei Deputati per ragioni di sobrietà. 

Il CDX ha ottenuto 12.299.648 voti, pari al 43,79%

Il CSX ha ottenuto 7.337.624 voti, il 26,13%. Così distribuiti:

Il M5S ha ottenuto 4.333.748 voti, il 15,43%.

Azione-Italia Viva ha ottenuto 2.186.658 voti, il 7,79%.

La somma dei voti delle forze che si propongono “diversamente” alternative alla destra è 13.850.000, ben superiore ai voti d’insieme del CDX. Un risultato che rende quanto meno approssimativa o problematica l’affermazione del Cardinale Ruini nell’intervista di mercoledì 28 settembre al Corriere della Sera: “la cultura politica è di sinistra, ma il Paese è a destra”.

Continuando con i numeri è opportuno confrontare questi risultati delle elezioni politiche del 25 settembre con quelli delle precedenti elezioni politiche, 3 aprile 2018. È il confronto, a mio parere, più corretto e significativo. Per ragioni di sobrietà limito il confronto ai risultati della Camera dei Deputati. Si possono fare analisi più o meno raffinate sui flussi elettorali ma io seguendo i grandi numeri constato che il CDX ha sostanzialmente confermato i voti del 2018 (147.345 voti in più). È al suo interno che avviene uno spostamento straordinario di equilibri: vince clamorosamente FdI che aumenta di quasi 6 milioni (5.871.078). Mentre la Lega perde 3.234.176 voti. FI perde 2.317.826 voti.

Sostanzialmente si è trattato di un enorme travaso di voti all’interno del CDX con l’affermazione clamorosa di FdI, la componente tradizionalmente più di destra. Non si registrano che marginali acquisizioni da altri settori politici.

Le forze politiche che con maggiore convinzione e fermezza hanno sostenuto il governo Draghi sono quelle che escono sconfitte. Il PD innanzitutto. Ma non può essere ritenuto successo politico quello di Calenda, che ha sbandierato la continuità di quel governo. Ha ottenuto un buon risultato, rispetto attese e pronostici di liquidazione, il M5S, terza forza politica, con una presenza parlamentare significativa, proponendosi come opposizione populista/di sinistra. Il M5S è responsabile della fine del governo Draghi e la sua campagna elettorale è stata tutta condotta a differenziarsi dal governo anche in politica estera e particolarmente sulla questione Ucraina. Liquidarne la posizione stigmatizzandola filoPutin mi pare semplicistico.

Ma straordinario è il successo di FdI e di Meloni, tenace opposizione al governo senza se e senza ma. Trovo curioso che tale vittoria elettorale venga raccontata non come una sconfitta del governo, ma prenda terreno una narrazione di probabile continuità di un governo Meloni con quello Draghi.

Quante prediche sul meridione, la vocazione di quel popolo all’assistenzialismo! Quanta indignazione! Nessuna riflessione sui cosiddetti ceti produttivi del lombardo-veneto contrariati dalla caduta del governo Draghi e per questo giustamente critici verso Salvini e Berlusconi che, insieme a Conte, lo avevano fatto cadere. Scopri che nel voto hanno sì penalizzato la Lega, ma hanno poi premiato, e in modo straordinario, FdI. Eppure una pulsione storica della destra è l’euroscetticismo, la contrarietà all’Europa a trazione franco-tedesca (in verità con Draghi franco-tedesca-italiana). Basteranno le “garanzie” di Berlusconi (e un patronage di Draghi di cui si sussurra) ad evitare collisioni con il governo tedesco, contrapponendo a Francia e Germania (ma anche Olanda e nordici) il gruppo di Visegrad, gli storici amici euroscettici di Ungheria e Polonia?

Sono comunque quesiti che saranno sciolti presto, con l’insediamento del nuovo governo e la presentazione della legge di bilancio.

Che accadrà nel PD? Quale il suo futuro? Quale il ruolo nell’opposizione? Formalmente è aperta la stagione congressuale. Ma sarebbe opportuno che non si risolvesse precipitosamente con una gara tra candidati alla segreteria. Sarebbe opportuno un tempo congruo di discussione e approfondimenti. Letta ha fatto una scelta corretta, da persona perbene qual è, per garantire una transizione non precipitosa. Il PD ha subito una sconfitta, una battuta d’arresto. Ma resta una forza politica determinante a livello nazionale: governa alcune regioni decisive, amministra le maggiori città italiane e centinaia di comuni. Anche all’opposizione del governo centrale di destra non può non comportarsi che come forza di governo. Sfida non facile, ma doverosa. 

Trovo poco utile dividersi in confronti ideologici, in astratte definizioni di quale essenza deve essere il PD. E lacerarci subito in un contrasto accademico sulle alleanze. Anche per evitare tavoli come quello a cui sedette Bersani nel 2013. Il ruolo del PD si definisce nell’azione politica. Come si affronta l’agenda del nuovo governo? Faccio alcuni esempi: FdI ha come obiettivo strategico la riforma costituzionale, il suo obiettivo è un presidenzialismo non ben definito. Ad esso si contrapporrà la Lega ferita e ansiosa di essere protagonista rilanciando l’autonomia differenziata. Quale scelta farà il PD? Non potrà certo ritirarsi sull’Aventino, proclamando che la Costituzione non si tocca!

Nell’opposizione non si può lasciare ad uno spregiudicato Renzi il pallino di confrontarsi sulla riforma costituzionale con la maggioranza di governo. Anche perché poi qualsiasi riforma dovrà passare al vaglio dei referendum. Questo sarà uno dei passaggi decisivi per definire cos’è il PD. E sappiamo bene quali ostacoli incontrerà tale tema nei rapporti con la “sinistra”, con il mondo dell’ANPI o della CGIL.

E nella riforma costituzionale occorrerà risolvere il problema di una nuova legge elettorale che non cambi ad ogni stagione. Proporzionale o maggioritario? Quale proporzionale, quale maggioritario? Il Rosatellum è una legge bastarda. Lo si vede dai numeri. Ma indubbiamente ha realizzato un vecchio sogno e slogan di Bersani: alla sera del voto deve essere chiaro chi ha vinto e chi ha perso. Questa volta è stato proprio così. Poi ci sono le questioni sociali. Il nuovo governo dovrà dare un qualche esito agli impegni presi in campagna elettorale. Ultimo atto della Lega e del CDX è stato affossare la riforma fiscale predisposta da Draghi. 

Che faranno in proposito? Esclusa ogni possibilità di scelta come quella della premier inglese, si lanceranno sulla flat tax? Se così sarà un campo di battaglia per l’opposizione. Ed anche di convergenza con le forze sociali, almeno i grandi sindacati. Sul reddito di cittadinanza quali interventi si proporranno? Un tema su cui le opposizioni saranno divise, ricordando le posizioni in merito di Renzi e Calenda e su cui la demagogia imperverserà.

E ancora un Salvini ferito cercherà di riprendere quota rilanciando l’obiettivo di cancellare la Fornero e rilanciare quota 41. Trovando ascolto e sponda nei sindacati, soprattutto la CGIL. Le pensioni sarà un tema delicato di scelte anche per il PD. Ho ricordato alcuni temi, istituzionali e sociali, dell’agenda della nuova maggioranza di governo sui quali il PD sarà chiamato a scelte. E queste scelte contribuiranno a definire il ruolo del PD.

Riuscirà il PD ad imporre al Parlamento e al Paese una propria agenda politica? Penso che temi come lo ius scholae, la qualificazione della scuola pubblica, una politica attiva del lavoro con attenzione ai giovani lo possano consentire. Poi c’è la politica estera. C’è la priorità della guerra in Ucraina. Non solo la solidarietà politica, economica, militare alla resistenza ucraina. Ma anche un impegno a trovare vie di soluzione diplomatica. Attenzione che un trascinarsi nel tempo, negli anni, della guerra diviene a lungo devastante per l’Ucraina e per la Russia, ma anche insostenibile per l’Europa. E occorre evitare che si determini una divaricazione di interessi tra Europa e USA, tra Unione Europea e NATO. Un’opposizione ragionata all’invio di armi, che rivendichi una soluzione negoziata, può aprire contraddizioni nella maggioranza di governa, ma anche, se guidata al M5S creare problemi nel variegato mondo della sinistra. Ma poi occorre rinnovata attenzione solidale all’insieme dei problemi di crisi che avvolgono varie aree del mondo.

Non insisto oltre. Gli accenni che ho fatto dovrebbero essere al centro della riflessione del PD non vaghe dispute sul piede su cui poggiare. Il problema delle alleanze, quello tra le forze “diversamente” alternative alla destra occorre impostarlo non su querelle nominalistiche ma nel concreto di scelte politiche che dall’opposizione al governo nazionale e dal “governo” di regioni e comuni il PD saprà organizzare.


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