Il Blog del Circolo del PD "Renzo Bonazzi"


Voglio bene al PD, quindi? /3 È ora di cambiare ! Il PD alle elezioni amministrative e al congresso



1 - IL CONGRESSO
Abbiamo il congresso, il percorso è macchinoso come lo è lo Statuto, ma bisogna avere il coraggio di cambiare...  Se non ci fosse il PD di sicuro staremmo peggio ma... 
Il PD, oggi, lo descriverei, come Marx descrisse i filosofi idealisti (naturalmente tenendo presente la distinzione fra tragedia e farsa): che anziché sulle gambe camminavano, secondo lui, sulla testa. I politici però non sono legittimati a camminare sulla testa, dovrebbero invece usare le idee per camminare sulle gambe.
In altri termini ci siamo distaccati dalla realtà. La maggior parte dei dirigenti si è formata in “batteria” e non nel vivo del “conflitto” sociale, inteso come realtà economico-sociale. Dopo 15 anni siamo ancora a caccia di un'identità, dopo avere divorato un numero esagerato di segretari. In realtà, dovremmo ri-parlare o, meglio, considerare materialmente, cioè in carne e ossa, la working class, che non sono solo le storiche “tute blu”, così, forse, ritorneremmo coi piedi per terra. 
Ci siamo fatti travolgere dalle parole d'ordine dall'avversario di centrodestra (termine di sintesi), prima abbandonando le idee/forza della sinistra che sono lavoro, giustizia sociale, equità fiscale, laicità, uguaglianza/merito, diritti/doveri, mercato regolato. In sintesi, Giustizia e Libertà. E poi dai 5Stelle, che stanno con successo occupando spazi che dovrebbero essere nostri, attirando a sé anche pezzi della sinistra-sinistra.

Esempio: Nei prossimi mesi ci saranno importanti elezioni amministrative. In Lombardia circolano diversi nomi di possibili candidati alla presidenza della Regione, fra cui quello di Letizia Moratti, oggi, pare, in corsa, per Azione-Italia Viva. È il solito metodo nostro: si assiste, nei vertici del PD, alle solite manfrine: quello pone il veto, l'altro no e il terzo non si sa. Dunque, io non so quanti siano gli iscritti al PD lombardo (ho provato a cercare nel web, senza fortuna), tuttavia il ruolo degli iscritti non può essere che attivo, coinvolgendoli nell'iter della scelta, come del resto sarebbe previsto dal nostro regolamento. Sono coinvolti? Perché, visto il congresso costituente, non si cerca di allargare, approfittando di questa occasione, la platea (nei luoghi di lavoro, nelle associazioni, nei sindacati, ecc.) dove discutere del candidato presidente, dando un segnale di cambiamento nel metodo? Si parla anche di primarie, ma gli eventuali candidati dovrebbero uscire dopo questo percorso partecipativo. Stesso discorso vale per il Lazio, ecc. Fine dell'esempio.

2 - UN RIFORMISMO SERIO E COMPETENTE
Comunque, scriveva Asor Rosa: «In Italia la sconfitta politica non comporta necessariamente la scomparsa di chi l'ha subita e ne è più o meno responsabile. Siamo circondati da sconfitti che si presentano come futuri possibili vincitori» (Il grande silenzio, Laterza 2009). Di personale politico autoreferenziale ne è pieno il PD come la sinistra più in generale. Di quello del centrodestra, populista e sovranista, non è questa la sede per parlarne, anche se è il nostro contraltare, volenti o nolenti. 
Sarebbe necessario lavorare per una casa comune dove potrebbero trovare posto le diverse anime del centro sinistra (o sinistra-centro, spostando la prospettiva che potrebbe essere utile). E chi ha più argomenti politici e culturali, trovando il consenso nel partito (e si spera nella società), determina l'orientamento politico del partito. Una sintesi unitaria, doverosa e necessaria. Sono processi “storico-politici”, me ne rendo conto, che devono esser espressione di una realtà concreta, storica. Altrimenti sono pii desideri. 
Due secondo me le questioni che in questi anni hanno determinato lo stato attuale della politica in rapporto alla società. 
1) - Lo spostamento mediatico del dibattito politico (i media sono per definizione autoreferenziali e rispondono a loro logiche interne), lontano cioè dalle persone in carne e ossa. E le persone in carne e ossa vivono e si muovono nel mondo del lavoro o del non lavoro. Il lavoro, quindi, è il tema espulso dalla politica. Per lavoro intendo: quale modello di sviluppo, che rimanda poi a quale industrializzazione (in senso lato) ecosostenibile, a quale contesto istituzionale deve iscriversi e di conseguenza al ruolo dei cittadini e delle loro rappresentanze (politiche, sindacali, sociali, ecc.) nello Stato nazionale, nell'Unione Europea e nel mondo.
Che cosa abbiamo da dire ai precari in cerca di stabilizzazione, ai tanti talenti sprecati nella ricerca, nella scuola, nell'università, ai cassintegrati o disoccupati ultraquarantenni con famiglia... Sono le risposte ai problemi che dividono. Anche se, detto per inciso, non mi pare che ci arrovelliamo il cervello nel trovare le risposte alle domande che la società pone al di là delle nostre velleità autoreferenziali.
Bisogna cercare, un riformismo serio e competente, che sta sulle cose, ascolta la società, e qui sta la seconda questione.
2) - La cultura sembra scomparsa dall'orizzonte politico. O per meglio dire: la politica dell'amministrare tout court non riconosce più la cultura come interlocutore dialettico. Tuttavia il vuoto lasciato dagli intellettuali “tradizionali” è stato occupato da altri soggetti che, obtorto collo, non posso non definire altrettanto "intellettuali", perché hanno imposto un modello comportamentale generale. Addirittura piegando la politica alla loro visione del mondo. 
Eppure di cultura ce n'è estremo bisogno, così come del lavoro, così come di investire nell’istruzione a tutti i livelli, dalla scuola primaria, all’università, per essere davvero competitivi.

3 - UN TEMA PILOTA
Io credo che misurarsi, ad esempio, sul tema sicurezza apra orizzonti interessanti. Per il centrodestra, la questione sicurezza si risolve nel rigettare nell'inferno della vita da cui cercano di fuggire i disperati naviganti del canale di Sicilia, senza tanti riguardi per i diritti delle persone. Clandestino, per loro, equivale a delinquente potenziale. La politica dell'immigrazione che ha in mente fa perno su questa equivalenza. Noi sappiamo che è un'equivalenza fasulla, ma quando un'opinione come una superstizione entra nel senso comune e diventa credenza popolare romperla è un'impresa difficile. 
Tuttavia uno slogan quale COLPIRE IL CRIMINE, COLPIRNE LE CAUSE, chiamando in causa quale modello di sviluppo e quale società vogliamo, può avere la forza di unire pancia e cervello, cultura e politica.
Duri con i criminali significa certezza della pena per chi delinque, significa nel rispetto del diritto rivedere anche il processo penale e le pene. 
La criminalità pericolosa è quella organizzata, è quella delle mafie. Che insidia tutte le libertà. E quando si dice COLPIRE IL CRIMINE significa reprimere i reati, quelli che colpiscono i più indifesi (donne e anziani), e COLPIRNE LE CAUSE significa operare da un punto di vista politico, sociale, economico e culturale: la clandestinità stessa, che impedisce a tante persone di vivere una vita normale, la criminalità organizzata che li recluta, il degrado socio-economico e culturale. Un mondo diverso ha bisogno della cultura così intesa. E bisogna insistere sulla necessità che l'Unione Europea, visto che ne facciamo parte, si impegni per andare al cuore del problema: le condizioni economico-sociali dell'Africa.
La ricerca delle cause mette in campo il bagaglio culturale della sinistra nel cui DNA il principio di uguaglianza (opportunità per tutti indipendentemente dal censo, per dirla all'antica) differenzia la sinistra dalla destra. Unisce in sé una visione globale e una locale. Per un mondo più giusto e più uguale. Prospetta nella giustizia economica e sociale una società multietnica regolata dal rispetto della legge. Il "meticciato" culturale è inevitabile. Va però governato.

4 - CRISI ECONOMICA
La crisi economica, il Covid, i venti di guerra di questi ultimi anni hanno rimesso in campo il ruolo dello Stato nella regolazione del mercato, che si è dimostrato lungi dall'autoregolarsi, contraddicendo i corifei delle privatizzazioni quali volano di uno sviluppo "democratico" e antiburocratico tanto dell'economia quanto della società. In questo nuovo contesto, le priorità politiche potrebbero essere: 
-energia (sviluppo fonti rinnovabili, risparmio, efficienza, innovazione); 
-edilizia (alloggi in affitto, sicurezza anziani, innovazione tecnologica ed energetica, edilizia scolastica, riqualificazione delle periferie); 
-trasporti (priorità alle aree urbane, nuovi treni, risorse ed efficienza del servizio pubblico); 
-ambiente (sicurezza idrogeologica, bonifica e reindustrializzazione dei siti industriali inquinanti, ciclo dei rifiuti e delle acque; 
-scuola/cultura;
-evasione fiscale.

Sempre in una prospettiva europea, perché questo deve essere il nostro orizzonte, però critico, perché l'Unione Europea, così com'è oggi congegnata, non va bene. 

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