Federico, facciamo un passo indietro e partiamo da questi ultimi 3 anni: cosa vuol dire affrontare una pandemia (e poi una guerra) per chi ha un’attività di ristorazione?
Innanzitutto, serve fare una distinzione tra chi ha un’attività “storica”, con tanti anni di lavoro alle spalle, e chi invece possiede un locale che ha aperto più recentemente: mentre i primi sono riusciti ad assorbire un po' di più i danni, i secondi non hanno neanche avuto il tempo di rientrare dagli investimenti fatti, e sono in grande sofferenza. Molti hanno ancora sulle spalle il peso di ingenti debiti che si porteranno dietro per molto tempo. Più in generale, questo periodo di continue partenze, arresti e ripartenze, con tante norme e situazioni costantemente mutevoli, rende complicato creare una progettualità per le attività commerciali. Anche in questi giorni, all’aumento dei prezzi causato dalla guerra si sta aggiungendo una nuova recrudescenza del virus. Se le persone non sono serene e stanno male, non investono il loro tempo e le loro risorse in locali e ristoranti. Purtroppo per ora non stiamo vedendo il forte recupero che ci aspettavamo con l’arrivo dell’estate. Mi rendo conto che possa sembrare una questione secondaria, ma anche il caldo in questo momento è un problema serio per le nostre attività: le persone non vengono in centro prima delle 21/21.30, e noi perdiamo completamente il primo turno serale.
Crede che sia anche cambiato qualcosa nel modo in cui le
persone usufruiscono dei vostri servizi?
Certamente. Sono completamente cambiati trend e dinamiche di consumo, e non solo per colpa del Covid. L’inflazione è in continua crescita, le famiglie hanno più paura di spendere e per prima cosa tagliano i “beni superflui” come le cene al ristorante e gli aperitivi. Durante la settimana lavoriamo poco, la situazione migliora solo durante il weekend e a volte più che altro unicamente il venerdì. Prima il venerdì o il sabato avevamo tutto prenotato, ora non più. A questo bisogna aggiungere anche le nuove modalità di acquisto, che con l’avvento dell’e-commerce si sono mutate profondamente: piattaforme come Amazon o JustEat modificano le abitudini e le scelte dei consumatori.
Viste le difficoltà per le attività commerciali, come
giudica le scelte prese dai vari livelli di Governo?
Premessa doverosa: mi considero una persona più pragmatica che teorica, al “parlare” preferisco il “fare” e non ho un orientamento o preferenze politiche specifiche. La situazione è molto complessa anche per chi ci governa, in questo momento non vorrei essere al loro posto: da un giorno all’altro ci tagliano tonnellate di gas e le amministrazioni devono prendere decisioni rapide e complesse. Detto ciò, in alcuni casi forse avrei scelto approcci diversi. Ad esempio, gli aiuti una tantum hanno un effetto istantaneo, ma a lungo termine risultano meno efficaci. Ma ripeto, personalmente non ho la soluzione in tasca, ed il mio giudizio sull’operato del Governo non può prescindere dal considerare questa terribile situazione.
Oltre che proprietario della “Bottega 39”, lei è anche
uno dei referenti dell’Associazione Ristoratori Reggiani. Può parlarci di
questa realtà?
Siamo nati nel 2020, per fronteggiare le prime difficoltà legate alla pandemia. All’inizio eravamo una semplice chat su Whatsapp, per tenerci in contatto in un momento che richiedeva grande solidarietà vicendevole. Ora siamo più di 40 associati, ma il nostro gruppo coinvolge circa 150 esercenti. Per ora la nostra attenzione è focalizzata maggiormente sul centro storico di Reggio, ma cerchiamo di essere attivi anche in altre zone della città.
Ecco, parliamo un attimo delle attività del centro storico. L’amministrazione comunale è spesso stata citata nel dibattito di questi giorni a causa dell’eliminazione dei cosiddetti “Mercoledì Rosa” e per le nuove serate “Aspettando l’Arena”. Come Associazione che ne pensate?
Riteniamo che sia necessario fare molto di più. Reggio deve crescere, soprattutto da un punto di vista turistico. Geograficamente, ci troviamo in mezzo tra due fuochi: da una parte Parma, capitale della “Food Valley”, e dall’altra Modena, centro della “Motor Valley”. Perché un turista dovrebbe scegliere Reggio? Magari arriva con la Mediopadana, ma non ci rimane. Io ho un locale molto simile alla “Bottega 39” anche a Modena, e là lavoro molto di più. A Reggio servirebbe una visione più turistica e soprattutto “popolare”. Ecco, i “Mercoledì Rosa” erano importanti da questo punto di vista: sicuramente negli ultimi anni si erano un pò “sporcati” ed erano meno interessanti, ed è vero che le attività commerciali non di ristorazione lavoravano meno. Ma erano “popolari”, ed una bella opportunità per la città che andava migliorata ed aggiustata, non eliminata completamente. Riteniamo sbagliato “buttare via il bambino con l’acqua sporca”. La nostra città non può basarsi solo su attività più di nicchia, deve diventare “popolare”. Torno al paragone di prima con Parma e Modena: “Reggio oggi è la capitale di che cosa?”
La vostra Associazione ha una risposta a questa domanda?
Noi vorremmo incrementare l’offerta musicale della città. Se mi permetti di sintetizzare il tutto in uno slogan, potrebbe essere “Musica, Cultura e Buon Cibo”. Vorremmo creare un modello diffuso, con un’idea simile a quella delle serate de “Aspettando l’Arena” [musica in varie piazze e vie della città con attività organizzate dai ristoratori con il supporto del Comune, n.d.r], stiamo già pensando a qualcosa per settembre. Vorremmo che Reggio diventasse “Capitale della Musica”, sfruttando anche la spinta propulsiva della nuova RCF Arena.
L’Associazione Ristoratori Reggiani agisce “sullo stesso terreno” di altre realtà presenti in città prima di voi. Come è il rapporto con le varie associazioni di categoria?
Purtroppo non è sempre facile. È un problema molto italiano: non sempre siamo bravi a lavorare tutti assieme e remare nella stessa direzione, anche se condividiamo la maggior parte delle preoccupazioni e delle proposte. Noi stiamo cercando un’interlocuzione con tutti per il bene delle attività commerciali del Centro, che per ora si possono considerare veramente in salute forse solo in Piazza Fontanesi e in poche altre zone. Io sono un ottimista per natura e quindi sono fiducioso. All’inizio il dialogo era molto complicato, ora però diventa fondamentale. È il momento di investire sul Centro di Reggio, bisogna spiegarlo ai cittadini e alle associazioni di categoria e tutti quanti dobbiamo accettarlo. Certamente questo potrebbe comportare qualche disagio nel breve periodo, ma dobbiamo spiegare a tutti che a lungo termine la situazione può migliorare profondamente. Purtroppo non credo che abbiamo scelta: il Centro paga anche scelte sbagliate dei decenni scorsi, con le grandi decentralizzazioni che hanno spinto la via Emilia, una volta cuore della città, fuori dai giochi. O agiamo adesso, o i danni per le attività del Centro potrebbero non essere più recuperabili.
Lei parla della necessità di comunicare un cambio di
paradigma per quanto riguarda il Centro Storico. Sicuramente, un ruolo
importante da questo punto di vista lo gioca anche il Comune. Come va
l’interlocuzione con l’Amministrazione?
Con il Comune ed in particolare con l’Assessora Sidoli stiamo lavorando bene, mi viene ora in mente il successo del “Circuito-Off”. Ma adesso non bastano più progetti, potremmo dire, “one-shot”, disegnati sul singolo evento. Servono progettualità più strutturali e a lungo termine. Ad esempio, credo che potremmo investire di più su attività legate ai nostri prodotti tipici, come il Parmigiano Reggiano o l’Erbazzone.
Il nostro Circolo sta da tempo studiando lo stato di salute delle attività commerciali del Centro, considerando in particolare il costo degli affitti (per chi volesse approfondire, consulti gli altri articoli del blog, n.d.r). Lei che situazione vede?
Onestamente, non ho dati sufficienti per dare un parere esaustivo sul problema. Tuttavia, parlando con altri imprenditori della città, qualche criticità c’è, soprattutto in via Emilia. Tanti proprietari di condomini ed edifici preferiscono lasciare i loro spazi vuoti piuttosto che accordarsi su canoni che ritengono troppo bassi. Però, per quanto riguarda la ristorazione, posso dire che i prezzi degli affitti sono in linea con il mercato.
Ultima domanda. I locali del Centro inevitabilmente
lavorano maggiormente la sera e la notte. Questo coinvolge in particolare le
esigenze dei residenti, le volontà di clienti (solitamente giovani) e
ovviamente gli interessi degli esercenti stessi. Crede che a Reggio ci sia
equilibrio o conflitto tra queste tre componenti?
Innanzitutto, il livello di servizio dei locali di Reggio è medio-alto e c’è un profondo rispetto delle norme. Questo consente di intercettare una clientela più semplice da gestire. Inevitabilmente, dove c’è assembramento c’è un po' di disagio, soprattutto per i residenti (rumore, rifiuti, ecc..). Qualche piccolo conflitto credo sia inevitabile, ma la situazione mi sembra gestibile. Serve equilibrio e tolleranza: senza le attività serali, Reggio non vive.
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