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Fratelli di Giorgia. Il partito della destra nazional-conservatrice.
Salvatore Vassallo e Rinaldo Vignati si sono prefissi l’obiettivo di analizzare e descrivere la nascita e il funzionamento del partito “Fratelli d’Italia” come tale, attraverso i documenti, come un soggetto originale della nuova destra conservatrice italiana ed europea, certo all’interno della storia della destra italiana, ma senza pregiudizi e letture preconfezionate.
A me pare che l’obiettivo sia stato raggiunto.
I deboli legami tra FdI e il Movimento Sociale delle origini sono evidenziati con nettezza e con altrettanta nettezza emergono le contraddizioni del neopartito rispetto alla storica svolta di Fiuggi che decretò la nascita di Alleanza Nazionale.
Infatti, si sottolinea, in particolare, un aspetto che fu caratterizzante del congresso di Fiuggi: nello statuto politico di Alleanza Nazionale si inserì la dicitura “antifascista” accanto alla formula della “totale adesione ai principi costituzionali e della Costituzione repubblicana”.
Il partito di Giorgia Meloni, invece, ha prodotto ambigue elaborazioni culturali e politiche che hanno dato vita a una loro visione “afascista” della Costituzione. Tuttavia, non è solo questa significativa doppiezza l’unico metro di giudizio adottato dagli Autori per guidarci nella lettura del mondo dei “fratelli di Giorgia. Vassallo e Vignati dimostrano che in FdI convivono diverse “stratificazioni” politiche, culturali e ideologiche. Ci sono i revisionisti della storia passata e recente che rivendicano la restituzione dell’onore e della gloria soprattutto di coloro che persero la vita negli scontri con i “rossi” negli anni ‘70. C’è la generazione “Atreju”, quella di Giorgia Meloni e del gruppo dirigente principale di FdI, uomini e donne relativamente giovani, cresciuti con dei riferimenti ideologici eclettici e populisti, sostenitori intermittenti delle culture illiberali dell’Est Europa e convinti propagandisti del patriottismo nazionale (e costituzionale, come si scrive nei documenti del partito) e, al tempo stesso, strenui difensori della collocazione atlantica dell’Italia.
Sono animati da progetti ambiziosi nazionali e sovra-nazionali come quello di guadagnare (e oggi di consolidare) un ampio successo elettorale per influire sull’equilibrio politico europeo in una prospettiva che punta all’alleanza con il Partito Popolare, staccandolo dalla tradizionale alleanza con la socialdemocrazia.
Questo volume è la prima, e fino ad ora unica, opera che compie una ricognizione sistematica della originalità ma anche delle contraddizioni, delle opacità, descrivendone anche l’originario carattere aggressivo, di un partito che esprime oggi la Presidente del Consiglio, costringendolo a un comportamento istituzionale che, proprio per quei caratteri originari, fatica ad affermarsi. (Consigliato da Elena M.)
Il terzo film tratto da questo romanzo di Erich Maria Remarque ha appena immeritatamente vinto l’Oscar. Meglio decisamente il libro, pubblicato nel 1928 e ovviamente censurato (e bruciato) poco tempo dopo nella Germania nazista. Molto più del film, incentrato soprattutto su bombe, sangue e follia delle alte gerarchie militari (prendendosi libertà esagerate rispetto al testo originale) il romanzo descrive l’effetto devastante del patriottismo militarista inculcato dagli insegnanti in giovani pieni di vita ed entusiasti di compiere gesta pensate come eroiche. La disillusione progressiva coincide con la maturazione del giovane Paul, che morirà in uno degli ultimi giorni di guerra, giorno ormai quasi privo di combattimenti tanto che il bollettino dello stato maggiore potrà laconicamente dichiarare (e da qui il titolo): Im Westen nichts Neues, letteralmente All’Ovest niente di nuovo. Da meditare.
(Consigliato da Maurizio F.)
Se invece volete (ri)vedere un vero film sulla prima guerra mondiale, probabilmente la più grande pellicola antimilitarista mai girata, scegliete questo titolo. Diretto da Stanley Kubtick, prodotto grazie a Kirk Douglas (tra l’altro interprete principale), censurato in Francia per ben 18 anni, è un ritratto efficace e spietato della spaventosa logica del massacro che caratterizzò l’intera guerra. La decimazione dei soldati ordinata dalla corte marziale, per coprire la follia e il cinismo dei generali, è raggelante. Alcune scene sono indimenticabili: il colloquio tra i soldati destinati alla fucilazione e la struggente canzone finale (cantata da una giovane tedesca prigioniera) che per un momento sembra placare la guerra. Da guardare religiosamente una volta all’anno. (Consigliato da Maurizio F.)
Quando gli ex-stunt man di Brad Pitt e Keanu Reeves si reinventano registi e produttori, come può il risultato non essere grandioso? Un film d’azione come se ne fanno ormai pochi e come tutti dovrebbero essere: trama semplice ma che dà un pretesto geniale a ciò che succede e ci fa affezionare ai personaggi e poi tante, tantissime botte, sparatorie, inseguimenti mozzafiato. Nell’epoca della CGI e delle grandi esplosioni in cui spesso non si capisce ciò che succede davvero, il film regala una regia chiara ed adrenalinica. Nota di merito: si può fare un bel film che duri meno di due ore, ma tu guarda… (Consigliato da Federico M.)
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